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In che misura le nuove disposizioni previste dalla modifica del Testo Unico Ambientale sono in grado di creare i presupposti per una gestione dei rifiuti volta al recupero e alla valorizzazione

 

Al culmine di un’epoca segnata dall’inasprimento delle sanzioni e dalle restrizioni normative imposte a tutti i soggetti coinvolti nella filiera dei rifiuti, abbiamo assistito nel febbraio del 2018 a un completo blocco nel rilascio delle autorizzazioni alla gestione dei rifiuti in ragione della sentenza del Consiglio di Stato N. 1229/2018, che ha prodotto un effetto devastante sulle imprese che non trovavano alcuno sbocco per i rifiuti prodotti.

Oggi con una flebile speranza siamo in grado di ravvedere negli atti del nostro legislatore un’apertura e forse una presa di coscienza del fatto che il rifiuto in sé non rappresenta il male assoluto, ma al contrario una sua corretta gestione può generare vantaggi ambientali ed economici.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della L. 128 del 2 novembre 2019 (legge di conversione del DL. 3 settembre 2019, n. 101) viene introdotta, nell’art. 14 bis, la riforma della “cessazione della qualifica di rifiuto”, comunemente identificata come “End of Waste” che modifica il Testo Unico Ambientale, D.Lgs. 152/2006.

A seguito di questa introduzione vediamo come cambia la prospettiva del trattamento di un rifiuto destinato all’ottenimento di un NON rifiuto.

  1. Innanzi tutto, occorre riflettere sul destino che avrà il materiale ottenuto dalla gestione del rifiuto.

Il legislatore chiede che «a) la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici»” (modifica della lettera a) del comma 1 dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

Risulta da qui chiara la necessità di dimostrare l’effettivo utilizzo del prodotto ottenuto a seguito del trattamento. Richiesta legittima, sperando di non cadere nella difficile dimostrazione dell’esistenza di un rapporto commerciale tra produttore del non rifiuto (EoW) e utilizzatore finale.

  1. Merita, poi, prestare attenzione ai “criteri dettagliati” sulla base dei quali è possibile il rilascio di un’autorizzazione “caso per caso”.

 

L’articolo 184-ter del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo la nuova versione del comma 3 (introdotta dalla L. 128/2019) prevede che, in mancanza di criteri specifici adottati, le autorizzazioni, di cui agli art. 208, 209 e 211 e AIA, siano rilasciate o rinnovate sulla base di criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono:

  1. a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
  2. b) processi e tecniche di trattamento consentiti;
  3. c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti all’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
  4. d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;
  5. e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

Il comma 3, dunque, appare dotato di un’impronta razionale che prova a risolvere il problema gravissimo della impossibilità di autorizzare l’End of Waste restituendo alle autorità locali il potere/dovere di autorizzare caso per caso in procedura ordinaria (ex art. 208 o AIA), rilasciando o rinnovando le medesime nel rispetto di prescrizioni che dovranno necessariamente includere i cinque punti elencati dalla lett. a) ad e).

Questo auspicabile sistema, tuttavia è seguito dai commi dal 3-bis a 10 dove la legge si richiama al sistema del controllo “a campione”, operato per la prima volta da ISPRA.

Il tutto, ovviamente, si aggiunge, in uno schema privo di alcun principio di coordinamento, ai già numerosi controlli posti in essere dalle Province, dalle Arpa e dalla polizia giudiziaria

  1. In terzo luogo, è opportuno considerare le autorizzazioni in essere o in corso di modifica/rinnovo all’entrata in vigore della L. 128 del 2 novembre.

Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e le Aia in essere alla data del 3 novembre 2019 o per le quali è in corso un procedimento di rinnovo o che risultano scadute, ma per le quali è presentata un’istanza di rinnovo entro il 4 marzo 2020, sono fatte salve e sono rinnovate nel rispetto delle disposizioni recate dal nuovo articolo 184-ter, comma 3, Dlgs 152/2006.

  1. Inoltre, merita riflettere sul regime transitorio

Attraverso la L. 128/2019 è stato istituito un gruppo di lavoro presso il MIPAAF, composto da cinque dipendenti pubblici che lavorerà per cinque anni al fine di elaborare specifici decreti nazionali EoW.

La nuova versione della L. 152/2006 si proietta verso il futuro e stabilisce che, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei futuri decreti End of Waste, i titolari delle autorizzazioni, di cui agli art. 208, 209 e 211 e di Aia, rilasciate o rinnovate dopo il 3 novembre 2019, e i soggetti che recuperano rifiuti con procedura semplificata, avviata dopo il 3 novembre 2019, dovranno presentare alle Autorità competenti istanza di aggiornamento in base a quanto previsto dai decreti EoW.

In difetto di tale presentazione, l’autorizzazione sarà sospesa “ex lege”, limitatamente all’attività che origina l’EoW oggetto di aggiornamento.

 

  1. Infine, per quanto riguarda le Autorizzazioni alla gestione in forma semplificata (art.216 D.lgs 152/06)

 

Non si riscontra nulla di nuovo. Sostanzialmente si rammenta che, con riferimento alle procedure semplificate di recupero, si continuano ad applicare il D.M. 5 febbraio 1998 ed il D.M. 161/2002.

 

Osservazioni conclusive

Nell’era dell’economia circolare, dei cambiamenti climatici e delle emissioni zero non potevamo sperare niente di meglio di una norma che agevolasse finalmente le aziende del settore Trattamento Rifiuti e conseguentemente gli stessi produttori primari di rifiuti.

Rimane tuttavia il dubbio che nulla sia effettivamente cambiato. Infatti, la nuova disciplina presenta alcune, non banali, asperità: a) non chiarisce quale sia il termine per l’avvio della verifica a campione, b) non è previsto alcun raccordo con la procedura di riesame, sospensione e revoca dell’Aia, c) non è chiaro se la verifica “a campione” si applicherà anche alle autorizzazioni già esistenti.

Auspicabilmente lo sforzo del legislatore, intravisto nella nuova norma, dovrà in futuro dare risposta alle esigenze, sempre più stringenti, di chiarimento per una corretta gestione di rifiuti potenzialmente recuperabili.

Elettra Diacci

Consulente Settore Ambiente, Area Rifiuti

Area HSE Consulting – Studio Alfa

Studio Alfa

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