Qualità dell’aria ed emissioni odorigene nel settore della ceramica
Da oltre un decennio il settore della ceramica ha assistito all’avvento di una svolta epocale: è stato adottato il metodo della stampa digitale per l’impressione di colorazioni, disegni o immagini sulle superfici; essa garantisce risoluzione e qualità di altissimo livello ed è applicabile sia a piastrelle sia a lastre di grandi superfici. Questo tipo di tecnologia si è largamente diffusa poiché rende possibile lo sviluppo di “design” molto precisi e raffinati su di una superficie perfettamente lavabile e poco aggredibile da agenti chimici ad un costo spesso inferiore rispetto a quello dei manufatti che incorporano altre materie prime, quale ad esempio il Marmo.
Molte aziende emiliane del settore che hanno provveduto ad adottare questa tecnologia hanno dovuto fronteggiare il problema degli impatti odorigeni esalati dalle cotture dei solventi nei forni. Ma per quale motivo sorge solo ora questo problema?
Le stampe che venivano prodotte sulla ceramica diversi anni fa impiegavano liquidi serigrafici a base acquosa; nel processo della stampa digitale il procedimento è differente.
Al momento della decorazione, sulla ceramica vengono posti due tipi di materiali: il colore, che è inorganico, quindi resiste ad altissime temperature e più in generale alla cottura, e il veicolo, che è organico e risente di una cottura a una temperatura variabile. Quando un veicolo composto da materia organica non viene cotto a una temperatura molto elevata e costante per tutta la durata del processo, e poi “va a camino”, il risultato è quello di formazione di sostanze che si caratterizzano per avere soglie di rilevabilità olfattiva molto basse.
Trattandosi di una materia non facilmente riconducibile a fattori di controllo oggettivo l’intervento legislativo continua ad evidenziare lacune persistenti. Di fatto l’art. 272-bis del D.Lgs. 152/2006 entrato in vigore direttamente dal 19 dicembre 2017, si limita a delegare ed autorizzare le Regioni, a gestire autonomamente ogni aspetto in materia di emissioni odorigene.
Al momento la normativa regionale dell’Emilia-Romagna, riguardante le emissioni odorigene e le relative modalità di indagine e valutazione specifica, ha provveduto ad una definizione preliminare di alcune linee di indirizzo utili per tutti gli operatori, ivi inclusi quelli preposti al controllo sul territorio. Infatti, all’interno del territorio emiliano, caratterizzato da un’elevata presenza di imprese ceramiche, il controllo delle sostanze odorigene, provenienti da emissioni industriali, avviene in base a valori consigliati di riferimento volti a stabilirne l’impatto olfattometrico.
Inizialmente, per fronteggiare il problema degli odori, la misura messa in atto dalle Aziende produttrici è stata quella di effettuare una caratterizzazione della componente organica, ovvero delle sostanze che si sviluppano in “fase di cottura”, al fine di stabilire quali sostanze siano presenti in essa e quali siano responsabili del cattivo odore, tenendo presente che non tutte le componenti organiche, presenti nei prodotti da stampa digitale impiegati, reagiscono ugualmente a temperature elevate.
In questi anni l’obiettivo primario delle aziende ceramiche è stato quello di produrre prestando attenzione a ridurre al minimo il proprio impatto, mentre, al contempo, l’intento dei colorifici è stato di progettare prodotti con veicoli organici caratterizzati da maggior stabilità alle temperature. È appena il caso di ricordare che un odore non necessariamente è sintomo della presenza di fattori nocivi per la salute, per cui potrebbero risultare infondate le reazioni di timore o paura che in genere esso suscita.
Nel tempo comunque sono divenute via via più numerose le proteste di chi popolava le zone circostanti alle Aziende e ne avvertiva le dispersioni e le richieste dei comitati sono divenute più stringenti, tanto che le Aziende del comparto ceramico hanno deciso di ridurre gli impatti degli odori attraverso l’introduzione di sistemi di depurazione.
Le tecnologie a loro disposizione sono di due tipi ed entrambe comportano effetti collaterali: la depurazione a freddo, che produce una serie di rifiuti, sulla cui gestione è ancora aperto il dibattito (smaltimento, recupero o rigenerazione), oppure la depurazione a caldo che genera CO2 e che potrebbe determinare lo sviluppo di altri composti, tra i quali assumono i cosiddetti Microinquinanti Organici (POPs che comprendono Policlorodibenzodiossine e Policlorodibenzofurani), di particolare importanza igienico-ambientale. L’emissione di CO2 nell’atmosfera implica un problema etico oltre che economico gestionale, posto che sorgono ulteriori conseguenze sul piano dell’emission trading system.
Da tempo Studio Alfa ha deciso di assumere un ruolo attivo nel campo della consulenza e conoscenza della caratterizzazione qualitativa e quantitativa dell’impatto olfattometrico, che è l’aspetto che più spaventa le Aziende e che permette di capire la tossicità dell’emissione.
Un ulteriore impegno viene rivolto alla valutazione e alla scelta dei migliori impianti di depurazione e al controllo del processo produttivo, alla luce delle modifiche autorizzative, sostenendo le aziende nel loro rapporto con le competenti autorità di controllo e nelle relazioni con la società civile.
Studio Alfa punta altresì a svolgere un’azione di supporto ai colorifici per la fase di test di nuovi prodotti ad impatto ambientale sempre più ridotto. La soluzione al problema purtroppo pare non essere ancora vicina poiché sarebbe risolutivo trovare una tecnologia meno impattante.
Resta un obiettivo strategico nei prossimi anni continuare a ricercare e a supportare tutti gli attori della vicenda affinché si giunga ad una soluzione nel più breve tempo possibile.
Su questi temi Studio Alfa è intervenuto nell’ambito del convegno “Emissioni di odori: dalle tecnologie di abbattimento alle nuove strategie di controllo”, coordinato dal prof. De Gennaro, presso Ecomondo 2019.
Dott. Ivan Panini
Direttore Scientifico
Studio Alfa